Alcuni personaggi più o meno famosi di origine valdostana

Maurice Garin

Paris-Brest-Paris-GarinIl vincitore del primo Tour de France, nel 1903, fu il valdostano Maurice Garin, nato ad Arvier il 3 marzo 1871. Come molti altri valdostani, soprattutto delle vallate attorno al Gran Paradiso, era emigrato giovanissimo in Francia per fare lo spazzacamino. Quando iniziò a pedalare si guadagnò il soprannome di “le fou” (il pazzo) mentre la stampa lo definiva “le petit ramoneur” (il piccolo spazzacamino) perché era alto solo 1,63 m e pesava 62 Kg. Un altro appellativo significativo era “cul de fer”…

Si aggiudicò il primo Tour, lungo 2.428 km, in 94 ore e 33 minuti, alla media di 25,679, correndo su una bicicletta a ruota fissa, pesante 16 kg e con le strade dell’epoca! Vinse anche due Parigi-Roubaix, nel 1897 e nel 1898 (fu il primo italiano a vincere la prestigiosa corsa internazionale, venne infatti naturalizzato francese solo nel dicembre del 1901); una Parigi-Brest-Parigi nel 1901 (1.200 km, due giorni e due notti di corsa!), infliggendo distacchi di oltre due ore. La sua resistenza era leggendaria: fu primo nella 800 Km da Parigi a Bruxelles (1893), nella 24 ore di Liegi (1894) e, con un freddo siberiano, in quella delle Arti Liberali a Parigi (1895). Vinse anche Dinant-Namur-Dinant, Liegi-Thion, Parigi-Le Mans, Parigi-Mons, Parigi-Cabourg, Parigi-Royan, Bordeaux-Parigi. Squalificato nell’edizione del Tour del 1904, si ritirò dalle corse. Si sposò 4 volte, morì a Lens nel 1957.Lo spazzacamino valdostano Maurice Garin, vincitore del primo Tour de France


Innocenzo Manzetti

L'inventore aostano Innocenzo ManzettiBenché una nota querelle abbia sempre conteso fra i soli Bell e Meucci l’invenzione del telefono, questa è da attribuire, secondo fatti ben documentati, all’inventore valdostano Innocenzo Manzetti (Aosta,1826-1877).
Come dimostrano le ricerche di Mauro Caniggia Nicolotti e Luca Poggianti, fin dal 1849 Manzetti aveva approntato un rudimentale apparecchio che poi perfezionò e presentò alla stampa nell’estate del 1865, sei anni prima del ‘caveat’ di Meucci e 11 anni prima del brevetto Bell. Dopo la presentazione del suo strumento, per la prima volta al mondo, la stampa internazionale annunciò che “era stata trovata la possibilità di trasmettere la parola a grandi distanze per mezzo del filo elettrico”. Qualche mese dopo, lo stesso Meucci, relativamente a tale invenzione, scrisse a un giornale newyorkese: “Io non posso negare al signor Manzetti la sua invenzione…”, poi descrisse un suo telefono che era meno perfezionato e qualitativamente inferiore a quello inventato ad Aosta: “Meucci mentre parlava doveva tenere stretta fra i denti una lamina, Manzetti discorreva liberamente in una cornetta”. In questi ultimi anni alcuni storici italiani delle telecomunicazioni hanno notato come i progetti di Meucci denotino una certa somiglianza con il dispositivo del Manzetti e, quindi, sono posteriori al 1865. Si comprende anche perché nel 1885 il signor August Mathias Tanner, procuratore dei brevetti a Washington, in occasione delle decine di processi che vedevano contrapporsi Bell, Meucci e altri presunti inventori, automa realizzato da Innocenzo Manzettirichiese a parenti e amici di Manzetti gli articoli di giornale che potessero servire per far riconoscere ufficialmente in America il genio valdostano come “the true inventor of the speaking telephone”. Purtroppo era ormai troppo tardi: qualche anno prima, due sconosciuti emissari di un’imprecisata compagnia telefonica americana, frodarono gli eredi Manzetti portando loro via tutti i progetti e i prototipi dell’invenzione in cambio di illusorie promesse, così come testimoniato da un atto notarile conservato ad Aosta.
Manzetti si occupò di acustica, di idraulica, di elettricità, di meccanica, di astronomia e la sua prima importante invenzione, realizzata intorno agli anni 1848-49, fu il “suonatore di flauto”, una sorta di moderno robot in grado di suonare tale strumento a fiato. L’automa (che era composto da almeno cinquecento congegni meccanici!) assomigliava a un uomo vero e la sua struttura era composta da ferro, acciaio e pelle di camoscio. Aveva una maschera e due occhi di porcellana. Una parte delle componenti essenziali dell’automa era costruita con un particolare tipo di plastica realizzata anch’essa da Manzetti.
Manzetti realizzò numerosi altri strumenti che risultarono di grande utilità pubblica. Tra gli altri si ricorda un velocipede a tre ruote, una particolare macchina idraulica impiegata per svuotare i pozzi delle miniere di Ollomont, un sistema di filtraggio che permetteva di rendere più pura l’acqua del torrente Buthier, allora usata per l’approvvigionamento idrico di Aosta. Fu di sua creazione anche un particolare pantografo in grado di riprodurre qualsiasi oggetto riducendolo o ingrandendolo. Manzetti non era però dotato di un grande senso degli affari, creava marchingegni per puro diletto o per amore di scienza e quando produceva per rivendere ne traeva in genere magri guadagni.

Per saperne di più.


Sant’Anselmo d’Aosta

Monumento a Sant'Anselmo d'Aosta, opera dello scultore Arturo Stagliano, collocato davanti al Seminario di AostaIl valdostano più illustre della storia è certamente Sant’Anselmo d’Aosta, filosofo, dottore della chiesa e Arcivescovo di Canterbury. Nato ad Aosta (o forse nella vicina Gressan) nel 1033, “emigrò” in Francia come tanti altri valdostani dopo di lui. Nel 1060 entrò nell’abbazia benedettina di Bec, in Normandia, della quale divenne abate nel 1078. Chiamato in Inghilterra da Lanfranco di Pavia, vi riorganizzò la vita monastica e nel 1093 fu eletto arcivescovo di Canterbury. In un’epoca di forte ingerenza del potere secolare, Anselmo si oppose strenuamente all’invadenza del potere politico dei re Guglielmo il Rosso ed Enrico. Morì nel 1109.
Nel pensiero di Anselmo l’indagine razionale è avvertita come indispensabile alla fede e in accordo con la rivelazione. Credo ut intelligam (credo per capire) è la formula efficace con cui Anselmo sintetizza tale metodo. Famosa è la sua dimostrazione dell’esistenza di Dio, la cosiddetta “prova ontologica”.
Non è il patrono della Valle d’Aosta, che è invece San Grato, vescovo della diocesi nel V secolo, festeggiato il 7 settembre con una processione per le vie di Aosta.
ll 21 aprile 2009, in occasione del nono centenario della morte di Sant’Anselmo d’Aosta, è stato inaugurato il moderno monumento intitolato “Tribute to Saint Anselme”, opera dallo scultore britannico Stephen Cox, realizzato con marmo verde di Saint-Denis e collocato sul lato meridionale della cattedrale di Aosta.

L’anno prima era stato restaurato il monumento posto in Via Xavier de Maistre , opera dello scultore Arturo Stagliano, realizzata un secolo fa con una sottoscrizione pubblica.


Marcel Bich

il barone Marcel Bich, fondatore della fabbrica BicEra di origine valdostana il barone Marcel Bich. Se questo nome vi dice poco, il marchio dei suoi prodotti vi è sicuramente noto: BiC ®. Nato a Torino nel 1904, da famiglia originaria di Valtournenche, seguì il padre, ingegnere civile, in Italia, Spagna e infine in Francia dove gli venne accordata la cittadinanza nel 1931. Alla Liberazione rilevò, insieme a un socio, una fabbrica di stilografiche. Nel ’49 decise di puntare tutto sulla penna a sfera, già prodotta negli Stati Uniti, che riuscì a perfezionare rapidamente. Nel ’53 contrattò i diritti d’autore con l’ungherese Biro, rifugiato in Argentina, che aveva brevettato la penna a sfera, e iniziò la prima campagna pubblicitaria. Il successo fu enorme e, a fronte di un’attesa di produzione di 10.000 penne al giorno, in 3 anni le richieste superarono le 250.000. La sua penna inaugurò l’era dei prodotti non ricaricabili, a basso costo. Iniziò quindi a esportare e nel 1957 riuscì nel suo secondo “colpaccio”: acquisire l’azienda inglese Biro-Swan. L’anno seguente, non senza problemi, acquisì anche il 60% dell’americana Waterman. La sua ascesa continuò ininterrotta alla conquista di tutti i mercati mondiali. Oggi si vendono nel mondo circa 20.000.000 di biro BIC al giorno!

Nel 1973 Marcel Bich inizia a diversificare la propria attività lanciando l’accendino BIC a fiamma regolabile. La sua qualità e praticità gli assicurano un immediato successo. Nel ’75 nasce il rasoio monolama usa e getta, seguito dal celebre bilama. Oggi la BIC è leader anche in questi settori, con una produzione di 4 milioni di accendini e otto milioni di rasoi al giorno.

Appassionato di vela, a cinquant’anni partecipò senza successo alla Coppa America.

Il barone Bich ha donato alla regione Valle d’Aosta il castello di Ussel, insieme a un generoso contributo, affinché venisse restaurato e restituito a un uso collettivo. Oggi questo interessante maniero viene aperto al pubblico soltanto in estate.

Marcel Bich morì il 30 maggio 1994, all’età di ottant’anni. Il figlio Bruno, che nel 1993 ha preso la presidenza del gruppo, ha assicurato di seguire i principi del padre: “Dare fiducia agli uomini, non avere debiti, avere posizioni mondiali, vendere al pubblico la migliore qualità al prezzo più basso possibile”.

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Samuel Farinet

Joseph Samuel Farinet, celebre falsarioJoseph-Samuel Farinet, il famoso falsario, autentico eroe per i Vallesani, era nato a Laval, frazione di Saint-Rhémy, comune sul versante valdostano del Colle del Gran San Bernardo, il 17 giugno 1845. Il padre, un fabbro benestante, gli insegna il mestiere e Samuel, ancora ragazzo, comincia a riparare chiavi e a fabbricare monete per gioco. A vent’anni diventa falsario professionista. Condannato all’ergastolo, fugge in Svizzera, facendo ritorno di quando in quando in Valle d’Aosta per vedere l’amata Adéla e la figlia illegittima Marie-Célestine. Nascosto fra le valli di Bagne e Entremont, a monte di Martigny, sostenuto dalla popolazione locale, eserciterà per anni la sua arte, realizzando monete definite “più vere delle vere”. Più volte arrestato, riesce sempre a evadere. Il 17 aprile 1880, a soli 35 anni, dopo una lunga caccia all’uomo, Farinet muore tragicamente nelle gole del Salentze, tra Saillon e Leytron, non si sa se colpito da una pallottola o precipitato nel burrone. Verrà sepolto senza sacramenti nella fossa comune di Saillon. La sua fama è dovuta soprattutto al romanzo che Charles-Ferdinand Ramuz scrisse su di lui e al film “L’or dans la montagne” ispirato allo stesso libro. Romanzo e film hanno fatto di Samuel Farinet una sorta di Robin Hood delle Alpi, un fuorilegge dal cuore d’oro, un eroe romantico in lotta contro il sistema, figura in realtà piuttosto distante dalla verità storica.
In occasione del centenario della morte, un gruppo di ammiratori ha fondato la Bande à Farinet, associazione che ha organizzato diverse iniziative in suo ricordo. La più nota è la creazione della Vigne à Farinet, la più piccola vigna del mondo, nella quale hanno lavorato simbolicamente illustri personaggi.

A Saint-Rhémy-en-Bosses, comune oggi noto per il jambon de Bosses, un prosciutto crudo DOP, esiste ancora la casa natale di Farinet.
Saillon è una bella cittadina termale in mezzo ai vigneti, a pochi Km da Martigny, sulla sponda destra della valle del Rodano. Oltre alla vigna, a ricordo di Farinet c’è un sentiero scandito da vetrate artistiche.
A Martigny vale la pena di visitare il Centre Gianadda che ospita esposizioni di grande livello oltre a interessanti collezioni stabili.


Natalino Sapegno 

La tomba di Natalino Sapegno nel cimitero di AostaNacque ad Aosta – il 10 novembre 1901 – Natalino Sapegno, il grande critico letterario sui cui testi hanno studiato generazioni di studenti. Il giovane Natalino frequentò ad Aosta i primi due anni del liceo per poi iscriversi, non ancora diciassettenne, alla facoltà di Lettere di Torino, avendo anticipato di un anno l’esame di maturità. Conseguì la laurea nel ’22, non ancora ventunenne. L’avvento del fascismo lo spinse a dedicarsi all’insegnamento e ad approfondire la propria formazione letteraria. Nel 1930 ottenne la libera docenza all’Università di Padova e nel ‘36 fu chiamato a ricoprire la prestigiosa cattedra di letteratura italiana all’Università di Roma. Tra il ’38 e il ’50 frequentò i giovani antifascisti della facoltà romana di Lettere, molti dei quali saranno protagonisti della resistenza e della lotta politica successiva alla liberazione, cui prenderà parte anche lo stesso Sapegno, iscrivendosi al P.C.I. dal quale uscirà nel ’56 in seguito alla repressione sovietica dei moti di Ungheria. Questi anni vedono il pieno dispiegarsi della sua maturità critica in numerosi saggi. Negli anni ’50 si dedicò a quel commento alla Divina Commedia che, apparso tra il ’55 e il ’57, resta ancora oggi modello insuperato di metodo critico e di rigore filologico. Lasciato nel 1976 l’insegnamento universitario, proseguì instancabile l’attività di critico, con articoli e saggi per le più varie destinazioni, rivedendo e aggiornando con nuove edizioni le sue opere precedenti. Si spense a Roma l’11 aprile 1990.
Nell’autunno dell’89, pochi mesi prima di spegnersi, Natalino Sapegno aveva espresso il desiderio che la sua ricca biblioteca fosse donata alla Valle d’Aosta. La Fondazione Sapegno, voluta dalla famiglia e dalla Regione Valle d’Aosta allo scopo di accogliere e  utilizzare il suo lascito, è dunque nata nel segno dell’attaccamento del maestro alla sua terra natale, dove oggi riposa, nel cimitero di Aosta. La Fondazione ha sede nella Tour de l’Archet di Morgex dove viene custodita la sua importante biblioteca.

(testo tratto dal sito del Centro studi storico letterari Natalino Sapegno)Tomba Natalino Sapegno ad Aosta

Federico Chabod

Federico Chabod, morto a Roma nel 1960, è stato uno dei più grandi storici del Novecento. Nato ad Aosta nel 1901 nella famiglia di un notaio originario di Valsavarenche, studiò al Ginnasio e al Liceo della città (come Sapegno), quindi all’Università di Torino, dove si laureò a soli 22 anni. Nelle sue ricerche si occupò di storia moderna (notevoli le sue opere giovanili su Machiavelli e Carlo V), ma anche di metodo storico, di idea d’Europa e dello sviluppo della storia contemporanea. Fu docente alla Facoltà di Scienze politiche di Perugia, poi a quella di Lettere dell’Università di Milano. Partecipò alla Resistenza valdostana con il nome di Lazzaro e lavorò per l’assegnazione alla Valle d’Aosta di uno statuto speciale di autonomia nel contesto istituzionale dello Stato italiano. Fu anche il primo presidente del Consiglio Valle (1946), ma, osteggiato duramente da indipendentisti e annessionisti, si dimise dopo pochi mesi per tornare all’attività di docente alla Sapienza di Roma. Collaboratore dell’Enciclopedia italiana, fu ancora direttore dell’Istituto italiano per gli studi storici e della Rivista storica italiana e presidente della Società internazionale degli storici. Fu tutto questo, nonostante la sua scomparsa sopraggiunta il 14 luglio 1960 per un male incurabile, a soli 59 anni di età. (Da Biblioteca regionale di Aosta)
Federico Chabod, storico e primo presidente della Regione